Giordano Bruno Spaccio de la bestia trionfante 

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diversi numi e diverse potestadi: che oltre l essere ab-
soluto che hanno, ottegnono l essere comunicato a
tutte le cose secondo la sua capacità e misura. Onde
Idio tutto (benché non totalmente, ma in altre più e
meno eccellentemente) è in tutte le cose. Però Marte
si trova più efficacemente in natural vestigio e modo
di sustanza non solo in una vipera e scorpione, ma et
in una cipolla et aglio, che in qualsivoglia maniera di
pittura o statua inanimata. Cossì pensa del Sole nel
croco, nel narciso, nell elitropio, nel gallo, nel leone:
cossì pensar devi di ciascuno degli Dei per ciascuna
del e specie sotto diversi geni de lo ente; perché sico-
me la divinità descende in certo modo per quanto che
si comunica alla natura, cossì alla divinità s ascende
per la natura, cossì per la vita rilucente nelle cose na-
turali si monta alla vita che soprasiede a quelle». «È
vero quel che dici,» rispose Momo, «perché in fatto
vedo come que sapienti con questi mezzi erano po-
tenti a farsi familiari, affabili e domestici gli dèi che
per voci che mandavano da le statue gli donavano
consegli, dottrine, divinazioni et instituzioni soprau-
mane: onde con magici e divini riti per la medesima
scala di natura salevano a l alto della divinità, per la
quale la divinità descende sino alle cose minime per la
comunicazione di se stessa. Ma quel che mi par da de-
plorare, è che veggio alcuni insensati e stolti idolatri li
quali, non più che l ombra s avicina alla nobilità del
corpo, imitano l eccellenza del culto de l Egitto; e che
cercano la divinità, di cui non hanno raggione alcuna,
ne gli escrementi di cose morte et inanimate: che con
tutto ciò si beffano non solamente di quei divini et
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oculati cultori, ma anco di noi come di color che sia-
mo riputati bestie; e quel che è peggio, con questo
trionfano vedendo gli lor pazzi riti in tanta riputazio-
ne, e quelli de gli altri a fatto svaniti e cassi»; «Non ti
dia fastidio questo, o Momo,» disse Iside, «perché il
fato ha ordinata la vicissitudine delle tenebre e la lu-
ce»; «Ma il male è» rispose Momo, «che essi tegnono
per certo di essere nella luce». Et Iside soggionse che
le tenebre non gli sarrebono tenebre se da essi fussero
conosciute. Quelli dumque per impetrar certi benefi-
cii e doni da gli dèi, con raggione di profonda magia
passavano per mezzo di certe cose naturali, nelle qua-
li in cotal modo era latente la divinitade, e per le qua-
li essa potea e volea a tali effetti comunicarsi. Là onde
que ceremoni non erano vane fantasie, ma vive voci
che toccavano le proprie orecchie de gli Dei; li quali,
come da lor vogliamo essere intesi non per voci
d idioma che lor sappiano fengere, ma per voci di na-
turali effetti, talmente per atti di ceremoni circa quel-
le volsero studiare di essere intesi da noi: altrimenti
cossì fussemo stati sordi a gli voti, come un Tartaro al
sermone greco che giamai udio. Conoscevano que sa-
vii Dio essere nelle cose, e la divinità, latente nella na-
tura, oprandosi e scintillando diversamente in diversi
suggetti, e per diverse forme fisiche con certi ordini
venir a far partecipi di sé, dico de l essere, della vita et
intelletto: e però con gli medesimamente diversi ordi-
ni si disponevano alla recepzion de tanti e tai doni,
quali e quanti bramavano. Quindi per la vittoria liba-
vano a Giove magnanimo nell aquila, dove secondo
tale attributo è ascosa la divinità; per la prudenza nel-
le operazioni a Giove sagace libavano nel serpente;
contra la produzione a Giove minace nel crocodillo:
cossì per altri innumerabili fini libavano in altre spe-
cie innumerabili. Il che tutto non si faceva senza ma-
gica et efficacissima raggione.
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saulino Come dite cossì, o Sofia, se Giove non era
nomato in tempo di egizzii culti, ma si trovò molto
tempo dopo appresso gli Greci?
sofia Non aver pensiero del nome greco, o Saulino;
perché io parlo secondo la consuetudine più univer-
sale, e perché gli nomi (anco appresso gli Greci) sono
apposticci alla divinità: atteso che tutti sanno bene
che Giove fu un re di Creta, uomo mortale, e di cui il
corpo, non meno che quel di tutti gli altri uomini, è
putrefatto o incinerito. Non è occolto qualmente Ve-
nere sia stata una donna mortale, la qual fu regina de-
liciosissima, e sopra modo bella, graziosa e liberale in
Cipro. Similmente intendi de tutti gli altri Dei che son
conosciuti per uomini.
saulino Come dumque le adoravano et invocavano?
sofia Ti dirò. Non adoravano Giove come lui fusse la
divinità, ma adoravano la divinità come fusse in Gio-
ve: perché vedendo un uomo in cui era eccellente la
maestà, la giustizia, la magnanimità, intendevano in
lui esser dio magnanimo, giusto e benigno; et ordina-
vano e mettevano in consuetudine che tal dio, o pur
la divinità, in quanto che in tal maniera si comunica-
va, fusse nominata Giove; come sotto il nome di Mer-
curio Egizzio sapientissimo, fusse nominata la divina
sapienza, interpretazione e manifestazione. Di manie-
ra che di questo e quell uomo non viene celebrato al-
tro che il nome e representazion della divinità, che
con la natività di quelli era venuta a comunicarsi a gli
uomini, e con la morte loro s intendeva aver compìto
il corso de l opra sua, o ritornata in cielo. Cossì li nu-
mi eterni (senza ponere inconveniente alcuno contra
quel che è vero della sustanza divina) hanno nomi
temporali altri et altri, in altri tempi et altre nazioni:
come possete vedere per manifeste istorie che Paulo
Tarsense fu nomato Mercurio, e Barnaba Galileo fu
nomato Giove, non perché fussero creduti essere que
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medesimi dèi, ma perché stimavano che quella virtù
divina che si trovò in Mercurio e Giove in altri tempi,
all ora presente si trovasse in questi, per l eloquenza e
persuasione ch era nell uno, e per gli utili effetti che
procedevano da l altro. Ecco dumque come mai furo-
no adorati crocodilli, galli, cipolle e rape; ma gli Dei e
la divinità in crocodilli, galli et altri: la quale in certi
tempi e tempi, luoghi e luoghi, successivamente et in-
sieme insieme, si trovò, si trova e si trovarà in diversi
suggetti quantunque siano mortali; avendo riguardo
alla divinità secondo che ne è prossima e familiare,
non secondo è altissima, absoluta, in se stessa, e senza
abitudine alle cose prodotte. Vedi dumque come una
semplice divinità che si trova in tutte le cose, una fe-
conda natura madre conservatrice de l universo, se-
condo che diversamente si comunica, riluce in diversi
soggetti, e prende diversi nomi; vedi come a quell una
diversamente bisogna ascendere per la participazione
de diversi doni: altrimenti in vano si tenta compren-
dere l acqua con le reti, e pescar i pesci con la pala.
Indi ne gli doi corpi che vicino a questo globo e nume
nostro materno son più principali, cioè nel sole e lu-
na, intendeano la vita che informa le cose secondo
due raggioni più principali. Appresso apprendeano
quella secondo sette altre raggioni, distribuendola a [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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